Dopo gli enormi successi di Ravioleria Sarpi e il secondo “chiosco” di street food cinese sito in via Paolo Sarpi 25, nel 2018 Hujian Zouh Agie ha aperto Le nove scodelle al 4 di Viale Monza. Un ristorante che propone la cucina tradizionale e autentica del Sichuan.
Quando si parla di Agie non c’è bisogno di presentazioni: la fama lo precede. Non è un caso che Le nove scodelle sia stato un altro successo sfavillante, nonostante abbia aperto nel modo meno milanese possibile. Me lo racconta una delle responsabili del ristorante, Alessia, che dopo una cena incredibile, mi spiega la storia del locale:
Abbiamo aperto senza dire niente a nessuno, senza farci alcuna pubblicità. Un po’ come è successo al 25 di Paolo Sarpi, nemmeno qui ci siamo fatti sentire. Pensa, non avevamo nemmeno l’insegna sopra la porta! Eppure i clienti, moltissimi italiani, fin da subito sono apparsi incuriositi dal nostro ristorante e si sono fatti avanti. Noi pensavamo che non avrebbero apprezzato un tipo di cucina così piccante, e invece siamo rimasti piacevolmente colpiti. Il nostro menù, ad ogni modo, indica il grado di piccantezza di ciascun piatto, così chi non è abituato può può provare qualcosa di meno forte. In fin dei conti, si può dire che il nostro menù sia come un percorso.
Una volta sviluppata l’idea di aprire un ristorante del Sichuan, Agie ha pensato a come presentare questa formula. Non voleva realizzare un locale alla moda nel senso canonico, ma un luogo dove poter mangiare la cucina di casa, dove i prodotti fossero genuini e le preparazioni realizzate a mano — non è un caso infatti che qui la pasta venga tirata a mano, così come i ravioli. Alessia mi dice qualcosa di più a tal proposito, presentandomi Liu Hongwei mentre fa avanti e indietro dalla cucina:
Agie è partito per la Cina alla scoperta dei piatti insieme al suo socio chef Liu Hongwei, che adesso lavora qui in cucina. Liu è rimasto nel Sichuan a lungo, per sei mesi. Grazie alla fitta rete di contatti e di amicizie, ha potuto studiare i piatti e le preparazioni nelle case delle persone comuni, come mamme e nonne. Non è stata una impresa semplice, perché anche in Cina oggi vi sono moltissimi preparati industriali e cercare le ricette originarie è un’impresa. Inoltre la maggior parte delle preparazioni richiede tempi lunghissimi, come la fermentazione. Si tratta di tecniche che nessuno vuole fare. Ma una volta tornato in Italia si è messo a replicare i piatti con Agie, fino anche a trenta volte. Poi i piatti sono stati ridotti a nove, un numero molto importante e significativo.
Il nove è infatti un numero che ha una valenza particolare per i cinesi. Si tratta del numero sacro dell’imperatore, simbolo del suo potere. Nove era il numero di scodelle che si consumavano durante le feste rituali, ma anche il numero dei draghi impressi sulle scalinate della Città Proibita e, qui, il numero di piatti presenti nel menù.
Il nostro menù si compone di nove piatti principali, tutti realizzati con spezie della cucina del Sichuan: il pepe, l’erba cipollina, lo zenzero, l’anice stellato e le erbe aromatiche. Si tratta di un menù in perenne evoluzione, perché cambia ogni mese. Tutto viene calcolato per non sprecare alimenti, sulla base del servizio dei nostri 42 coperti. Seguiamo la stagionalità degli ingredienti e le nostre materie prime sono quelle freschissime e storiche della Ravioleria: uova biologiche dell’azienda Agricola Bargero di Como, pollo allevato in libertà da San Bartolomeo di Viterbo, manzo piemontese da allevamento biodinamico fornito dalla storica macelleria di Milano di Walter Sirtori, maiale della storica azienda a conduzione familiare Valsesia di Novara, farina e riso bianco delle Cascine Orsine, tofu di produzione artigianale con soia biologica di provenienza italiana, gelato artigianale da Alberto dei gelati di Monza, dolci realizzati secondo le ricette di Alberto De Marchi (ora chef di Wonton, ndr.), birre e vivi di produzione artigianale. Non mancano le verdure fermentate, realizzate da noi qui al ristorante.
In cantina vengono infatti tenute le verdure per la fermentazione, che avviene in maniera del tutto naturale. Qui vi sono due locali frigorifero: il primo con le otri di terracotta per la fermentazione e il secondo destinato all’essiccazione.
Al piano superiore vi è il ristorante, semplice, essenziale e senza fronzoli, con tavoli e sgabelli in legno tutti realizzati a mano.
Una volta ordinato, le scodelle arrivano tutte insieme, così come avviene in Cina.
Ad oggi il menù prevede tre antipasti (tofu fresco fatto in casa con salsa di soia e sesamo, straccetti di pollo cotti a bassa temperatura e marinati con salsa di peperoncino e pepe di Sichuan, pancetta di maiale stagionata e affumicata con pepe di Sichuan e cetriolo) e tre primi (riso bianco, spaghetti tirati a mano con salsa di sesamo e pepe di Sichuan, ravioli fatti a mano con ripieno di maiale serviti con salsa dolce-piccante). I nove piatti principali (ovvero, le nove scodelle) prevedono: pollo kongbao; cavolo cappuccio saltato nel wok con zenzero, peperoncino, pepe di Sichuan e pancetta croccante (anche in versione vegetariana); puntine di maiale disossate e infarinate con macinato di riso speziato e cotte al vapore nel cestello; tofu casereccio stufato in wok con peperone, cipollotto, zenzero e pepe di Sichuan; asparagi rosolati con ragù di maiale, verdura fermentata essiccata, zenzero e peperoncino (a scelta anche in versione vegetariana); panini Wowo fatti con farina integrale e cotti a vapore, serviti con ripieno di verdure fermentate e ragù di maiale saltato nel wok con zenzero e peperoncino (anche vegetariano); gamberoni sale e pepe saltati in padella con sale rosa, pepe bianco, rosa e di Sichuan; dadolata di coniglio disossato e saltato nel wok con porro, peperoncino e pepe di Sichuan; manzo in zuppa piccante servito con verdure di stagione, zenzero, erba cipollina e tanto peperoncino. I dolci prevedono gelato al cioccolato bianco o al lampone e pepe di Sichuan, creme caramel al marsala.