Cos'è Ciotto bere e mangiare? Difficile dirlo, si fa prima ad andare a provarlo. Il nome stesso "ciotto" indica qualcosa di indefinito, una parola il cui significato cambia a seconda del contesto ma che rimanda anche a una formula di cortesia. Insomma, questo locale, che per molti versi può essere considerato un izakaya, è tutto un programma.
Ciotto si trova in zona Porta Venezia e ha aperto silenziosamente un anno fa. Non ci sono insegne sulla porta e l'ambiente all'interno è piuttosto minimale: pochi coperti, niente fronzoli, tanto calore da parte del proprietario Gen Ohhashi, originario di Niigata e trasferitosi a Milano venti anni fa. Grande appassionato di vini naturali, egli è un ottimo padrone di casa, non a caso la clientela è infatti composta da habitué, gente del vicinato ma anche ristoratori delle attività della zona. E parlando di attività locali, Gen san si adopera per proporre vini biologici e biodinamici di produttori che conosce personalmente e con cui ha un rapporto di fiducia, come la Società Agricola Corbari, la Cascina Fraschina, la Cascina Gaggioli, l'Azienda Agricola Sgaribordi o la Cooperativa Pescatori Boccadasse. Ma non mancano le birre e nemmeno i saké al sidro.
Qui si sta bene, si parla, si ride e si scherza mentre si assaggiano vini pressoché sconosciuti (molti italiani, ma anche spagnoli), ci si ferma per un aperitivo ma, una volta adocchiato il menù, si resta per cena.
In cucina c'è un cuoco italiano autodidatta che ha girato il mondo, Tito Di Silvestro. La sua passione per la materia prima povera italiana ben si sposa con le preparazioni e gli ingredienti giapponesi. La sua cucina è infatti una nuova concezione di fusion perché non è affatto banale. Dimenticatevi qualsiasi rimando al canonico fusion nippo-italiano, qua si suona una musica completamente diversa: la materia prima è esclusivamente stagionale, i piatti sono frutto di lunghissime preparazioni.
La carta si divide in due categorie: "un po" dove troverete le bruschette (segnalo quella con sgombro e ume), gli tsukudani (cottura giapponese a fuoco lento con salsa di soia e mirin - quello di polpo è a dir poco delizioso), le korokke e "di più" che comprende i piatti più sostanziosi come don di maiale di-ciotto (cotto 18h e disposto su riso bianco), lingua marinata al miso alla griglia o gli "spaghetti ciotto fame AOP + katsuobushi".
Vi sono poi i makanai, le proposte fuori menù segnate su una lavagna: io ho provato i fiori di zucchine ripieni di tofu, il rognone trifolato al sakè con patate schiacciate, i colli di pollo fritti (l'unica portata che mi ha deluso, ma solo perché non c'è molta carne da mangiare) e gli spaghetti freddi con salsa di pollo e barbabietola (un peccato lasciarseli scappare!).
Insomma, da soli o in compagnia, Ciotto risulta sempre una buona idea. Ancora poco conosciuto, questo locale merita di essere provato e frequentato. Prima di andare via fatevi portare la gelatina al caffè al cucchiaio, mi raccomando, perché è davvero molto buona. Il conto? Sostanzialmente varia in base alla tipologia di bottiglia che scegliete o al numero di calici che berrete.
📍 Via Nino Bixio 21, Milano
📞 +39 375 636 5757
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