Il Giappone ha tante sfaccettature e chi ci è stato lo sa molto bene. L’idea di un leitmotiv di classicità, purezza e rigore non accomuna tutto il Paese. Vi serpeggia un chiassoso e colorato motivo di gioia ben presente, per esempio, ad Osaka, dove la Dotonbori ne è l’archetipo. E per trovare la stessa gaiezza e gli stessi stimoli a Milano bisogna andare da Poporoya, in Via Bartolomeo Eustachi 17.
Poporoya (letteralmente “negozio del popolo”) è la “struttura-creatura” di Hirazawa Minoru detto Shiro. Diplomato alla prestigiosa scuola di cucina Tsuji di Osaka, arriva in Italia a Roma nel 1972. Nel 1970 in occasione dell’Expo ad Osaka, il Giappone inizia ad aprirsi al mondo. Così Shiro si trasferisce a Milano e nel 1977 apre il negozio Poporoya. Nel 1984 inaugura il banco sushi e nel 1987 diventa proprietario unico. Tutto ciò è ben documentato nelle vetrinette piene articoli di giornale degli anni Ottanta e Novanta e foto che ritraggono il maestro durante le tappe salienti di questa lunga storia. Nell’agosto 2013 è stata realizzata una importante ristrutturazione del locale e tutti i ricordi sono stati ben esposti alle pareti.
Quando si arriva da Poporoya si trova sempre tantissima gente in fila, lo staff che urla da una parte all’altra del locale, che richiama i clienti gridando. Qui la calma e la serenità del Sol Levante non esistono: questo è l’esempio più sincero del Giappone della gente comune e della vita di tutti i giorni. Si sta stretti, non c’è intimità, non esiste mise en place e i camerieri spingono per arrivare all’uscita con i pacchetti dell’asporto. Bisogna andare al banco dei menù, dire cosa si vuole mangiare e attendere fuori per essere chiamati al tavolo. Ho chiesto a Shiro cosa è cambiato rispetto a quando ha cominciato e su questo punto non ha dubbi:
E’ cambiata la conoscenza che gli italiani hanno sul Giappone e non parlo solo di cucina ma proprio di tradizioni usi e costumi. Per me l’obiettivo è sempre quello di far conoscere la vera cucina giapponese e nutrire i milanesi. Le mie ispirazioni? La passione, il dovere e la volontà di portare avanti una missione di vita
E per ciò che concerne il futuro?
Questa è una domanda difficile. Probabilmente alcune cose potrebbero essere cambiate e migliorate come nella vita di ognuno di noi, ma nel complesso sono molto felice della vita che ho vissuto e delle persone che hanno condiviso con me questo pezzo di strada… Il futuro lo immagino ricco di cose belle come è stato il passato e lo affido nelle mani dei miei figli e allo staff che da anni mi circonda.
La cassiera continua a ripetere al telefono che non è possibile effettuare prenotazioni. Si tratta di Mami, la figlia di Shiro. Entrambi nel 2019 sono stati premiati come “Ambasciatori della cucina del Sol Levante e dei suoi prodotti nel mondo” dal Ministero giapponese dell’agricoltura, della silvicultura e della pesca. Mami è la controparte femminile di Poporoya. E’ stata lei a legare un saldo rapporto con la prefettura di Yamaguchi di cui ha fatto conoscere il tè Honochu e le creazioni realizzare col mandarino Natsumikan. E la stessa prefettura li ha candidati per il suddetto riconoscimento. La sua figura è molto interessante. Domando cosa significhi essere donna in un ambiente maschilista e fortemente competitivo come quello della ristorazione e la sua risposta è molto diretta:
A dire il vero sono convinta che anche dietro ogni uomo ci sia la presenza di una donna e che quindi questo mondo non sia così maschilista come vuole sembrare. La mia esperienza personale è stata completamente autonoma in un locale che era dall’altra parte di Milano rispetto a Poporoya. Ho fatto la gavetta e tutti i giorni ho imparato qualcosa di nuovo. Sono felice di quanto ho ottenuto sino adesso ma sono sempre rivolta al futuro come lo sono stati i miei genitori.
Shiro è particolarmente famoso per il suo chirashi, da molti considerato il migliore della città, se non d’Italia. Ogni sera vi è un vero e proprio assalto per mangiare il celebre piatto a base di riso per sushi e pesce crudo, spartano e fresco. Shiro ha lavorato molto su questo piatto per adattarlo ai gusti italiani che più di 40 anni fa non conoscevano assolutamente la cucina giapponese, aprendosi una strada allora completamente sconosciuta, mantenendo la tradizione giapponese e innovandola. Ma da Poporoya il menù è piuttosto vasto, infatti è anche possibile mangiare hosomaki, uramaki, diversi tipi di don, sashimi, temaki, udon, yakitori, tempura, tonkatsu, unajyu teisyoku e una serie di piatti di accompagnamento, come gyoza, tako no karaaghe, aghedashi tofu. Vi è anche una carta dei dolci (kusa daifuku, daifuku di Hiroshima, ichigo daifuku, gelato al tè verde, mochi gelato al tè verde, dorayaki, matcha ice dorayaki). Da bere, diverse qualità di sakè, umeshu e birra.
Resta ancora il reparto alimentari, dove rifornirsi di prodotti per cucinare giapponese a casa. Tra i vari prodotti vi sono noodle, preparati per zuppe, dolci confezionati, snacks salati, salse, preparati per curry, alghe, prodotti surgelati — come gelati ed edamame, alcolici, tè verde e tè matcha.
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