Ho atteso con una tanta ansia l'apertura del nuovo ristorante di chef Ninomiya san a Milano come poche cose prima di ieri, giornata di inaugurazione vissuta con emozione e grandi aspettative. Un locale che oggi porta il cognome di uno chef, appunto, tra i più considerati per fedeltà maniacale ai canoni della cucina giapponese.
Quando si parla di Ninomiya si pensa immediatamente al compianto ristorante Fukurou, diventato negli anni polo di primario interesse in città. Alla notizia della chiusura definitiva del locale in molti abbiamo disperato, pensando di non potere assaporare mai più quelle delizie di straordinaria bellezza, frutto di anni di lavoro e studio - in particolare della cucina kaiseki.
Oggi Ninomiya san torna con un nuovo ristorante, frutto di un ambizioso progetto personale e che è anche il nome di un particolare tipo di ristorazione giapponese inedito a Milano.
Negli ultimi anni abbiamo imparato a familiarizzare con le sfumature della cucina nipponica, grazie alla diversificazione dell'offerta in città e ai viaggi che siamo riusciti ad organizzare nella terra del Sol Levante. Nel dettaglio sappiamo che con kaiseki si indica la formula più alta e raffinata della cucina giapponese, basata su numerose portate frutto dell'immensa maestria e conoscenza dello chef delle tecniche e degli ingredienti stagionali. L'izakaya, invece, è la taverna giapponese dove gustare ottimi piccoli piatti da accompagnare all'alcol. Infine c'è l'omakase ("mi affido a te"), che indica il fatto di lasciare totale libertà creativa allo chef durante la preparazione del pasto. Kappou si inserisce in mezzo a tutte queste categorie: esso si compone dei caratteri "katsu" (che indica l'azione del tagliare col coltello) e "pou" ("bollire" o "cucinare") e, allo stesso tempo, indica anche il fatto che lo chef debba essere ben visibile ai commensali (che mangiano al bancone o ai tavoli), che il locale sia raccolto e con pochi posti a sedere e il cliente possa avere la possibilità di osservare il lavoro svolto dai cuochi.
Da Kappou Ninomiya ritroverete tutte queste caratteristiche: vedere lo chef affettare il pesce crudo con immensa maestria al banco mentre la brigata di cucina si muove dietro il noren è a dir poco appagante. La vicinanza con il sushi chef completa l'esperienza, così come vedersi preparare i nigiri pezzo per pezzo, essere serviti al momento e scambiare qualche parola con lui.
Come già sottolineato, la compianta cucina di Fukurou era ciò che i clienti affezionati come me avevano paura di non gustare più. Invece a grande sorpresa (e con un profondo sospiro di sollievo!) ecco che i grandi classici di Ninomiya san sono tornati in menù: i famosi antipasti come takowasa (polpo al wasabi), ryukyu (misto di pesce crudo in salsa di soia, zenzero e wasabi) e namagaki (ostrica cruda con salsa di soia e bergamotto), i deliziosi e abbondanti piatti caldi tra cui hirasama no kama ichiyaboshi (guancia di ricciola poco essiccata alla griglia), i fritti tra cui kaki fried (ostriche impanate e fritte) o tori no karaage (fritto di pollo marinato in salsa di soia e aglio) ma soprattutto uno dei più buoni (se non il più buono in assoluto) ramen mai mangiato in città, oggi proposto in tre varianti (shio, tonkotsu e tantanmen) in porzione gigante. Troverete ancora il mitico jubako kaisen, la scatola con un letto di riso ricoperta fino a traboccare di sashimi di primissima qualità, così come i giganteschi omusubi (di cui vi consiglio l'ume, il mio preferito).
Le novità più importanti a mio avviso riguardano i numerosi piatti a base di wagyu categoria A5 (la più alta) tra i quali indico wagyu yukke (tartare al coltello, uovo di quaglia, salsa di soia, olio di sesamo), insalata di wagyu roast beef con melanzana grigliata e foie gras grattuggiato, nasu kabocha wagyusoboro (melanzana e zucca fritti con pastella di fecola di patate e albume d'uovo con macinato di wagyu e salsa dashi addensata) e, a grande sorpresa, addirittura lo shabu shabu.
Il pesce crudo è ovviamente il grande protagonista: non provare il sushi o il sashimi costituisce un grave delitto. Potete optare per i set (special o normale), i deliziosi maki (tra cui quello con ventresca di tonno e cipollotto oppure kanpyo - con zucca essiccata e salsa di soia), ma vi consiglio di optare anche per i nigiri a pezzo singolo: tra i più ricercati spiccano kue (cernia), kasago (scorfano), himeji (triglia), engawa (fianco di rombo) e ika (calamaro). Da non perdere l'anguilla, succosa e deliziosa.
A completare il tutto ci sono i dolci, come l'ichigo daifuku o il matcha tiramisù, sakè e il celebre highball a base di whisky giapponese.
La cucina di Ninomiya san si è evoluta e ha raggiunto un picco di maturazione a dir poco sorprendente. Nel mio cuore mi aspettavo una rivisitazione di Fukurou ma in Kappou c'è molto di più. I sapori sono smussati, più delicati, i piatti di una bellezza irraggiungibile e lo stesso ambiente del ristorante è ancora più elegante, catapultando il cliente nella classica atmosfera ricercata dei migliori locali di Ginza pur mantenendo un prezzo accessibile (soprattutto a pranzo).
Io penso che Kappou Ninomiya sia destinato a un grande successo, o quantomeno lo spero tanto. Nel cielo di Milano si è aggiunta una nuova stella nascente, complimenti Ninomiya san!
💰 $$$ — pranzo $$$$ — cena